XXXII. Biennale Venezia (Ungheria, 1964)
! Diversamente dalia prassi delié mostre ungheresi déllé ultimé Biennali, quest’anno presentiamo in , grau parte del nostro padiglione la mostra personale di un unico maestro: Jenő Barcsay, unó dei ' piú grandi pittori ungheresi dei nostri tempi. Al seguito del maestro più anziano compaiono solo due artisti giovani: lo scultore György Segesdi e il grafico Kálmán Csohány, la cui attività ha rag! giunto in questi anni la sua evoluzione ricca di opere caratteristiche. ; Barcsay ha la stessa età di questo secolo. La sua opera rivela una linea ascendente ehe tende costan■j temente in avanti e attinge ai giorni nostri una compiutezza di magnifica opulenza. Il nostro pittore riveste nella vita artistica nazionale una missione magistrale. Egli offre una testimonianza mo, numentale di corne nell'unità organica della personalità sovrana di un artista ungherese l’eredità di Giotto e di Cézanne e gli insegnamenti attuali di Picasso, Braque e Mondrian diventino un fatto , creativo di unica e singolare originalità, chiaramente delimitabile e nettamente distinguibile con I marcate linee e forti accenti. Nel caso di Barcsay non viene a porsi il problema delle influenze con cui le tenderize principali dell’arte europea si manifestano sulle superfici della pittura ungherese. I L’arte sua è l’espressione del linguaggio ungherese di un grande pittore europeo della metà del XX I secolo ehe tratta non solo argomenti specificamente magiari, ma terni universali dell’arte dei nostri 1 tempi. Nella lunga sérié varia delle sue opere egli arriva a trarre le conseguenze logiche della tesi da lui formulata nella lotta tenace condotta contro le sopravvivenze locali del postimpressionismo e I del neoclassicismo: „Le accademie ci hanno accecati, e sono stati i cubisti a rivelarci le leggi ele- 1 mentari della costruzione di quadri: leggi primitive ehe avevano reso cost meravigliosamente belle i e durature le pitture dei grandi maestri”. Ma il Barcsay è andato molto avanti nella via aperta dai j classici del costruttivismo: oltrepassando i manieristi meditabondi del figurativismo o non-figurativismo, „il suo stile in conseguente progresso ha — corne serive István Genthon — penetrato il muro 1 dell’arte astratta arrivando più in là”, alla formulazione poeticamente bell a dell’eterno dialogo urnano dell’arte è della natura. „Ho bisogno della natura — dice il maestro — i miei rapporti con essa i sono quelli di un buon amico.” Questa concezione della natura, questa interpretazione artistica dell’universo che comprende in una sintesi razionale cielo e terra, paesaggio e città, uomo vivo e oggetto ( apparentemente morto nchiamato a nuova vita, rendono la sua pittura una manifestazione profondamente umanistica. Il Barcsay tende ad una severa analisi e ad un’espressione fissá e serrata dell’essenza pura della realtà visuale, mettendo con un’oggettività senza pari al servizio dei suoi fini costruttivi i mezzi concreti di cui dispone; organizza lo spazio profondo, i larghi piani, il sistema dei contorni gravi e forti, il pomposo ritmo coloristico dei neri profondi infuocati, dei bianchi e bruni, grigi e , 1 rossi, dei verdi, dei lilla e rosa, tutta la straordinaria intensità dei suoi quadri di piccole proporzioni. ‘ Per citare il giudizio del suo mongrafista: „Nelle sue ultime opere — serive il prof. Gyula László — i. egli ha già molto avvicinato la sua meta pittorica e umana: al puro contenuto visuale-ottico ehe è • nello stesso tempo la forma pura”. L’esercizio puritano della sua arte dériva dal carattere etico della , sua ricca personalità umana intollerante di ogni compromesso. È’un pittore dotto ehe non sceglie mai le soluzioni comode e calme, ma s’imbarca sempre in imprese ardue ed emozionanti, e ehe créa, Jenő Barcsay f . .. 1 ■ 1 H