LAM Latino Americano Roma (Venezia, 1972)

La vera missione dell'artista­­pittore o poeta - è sempre consistita in ritrovare in se stesso gli archetipi che sottintendono il pensiero poetico e in apportare a questi una vera nuova affettività che permetta, fra l’artista e i suoi simili, il flusso di una corrente energetica così intensa da far apparire questi archetipi attualizzati, come l’espressione più evidente e più nuova deM’ambiente che lo ha condizionato. Sarebbe facile rinvenire questa caratterizzazione nelle opere poetiche o plastiche la cui influenza s’è fatta sentire più duramente. Molto vicino a noi, per esempio, Ubu, può in piena legittimità reclamare una certa relazione con Cronos. Jarry, riscoprendo quest’ultimo, ha annunciato contemporaneamente la reincarnazione di Ubu, nel mondo moderno; noi ben sappiamo che la sua profezia si avvera ancora quotidianamente. E’ sulla stessa scia che Lam si è impegnato volontariamente cominciando dalle credenze dei negri delle Anti Ile? E’ senza dubbio troppo presto perchè risulti ciò che nella sua opera potrebbe esprimere un elemento essenziale dell’uomo, tale da farcelo definire allo stesso tempo mago africano e sciamano asiatico in lui casualmente uniti per continuarsi. E’ evidente che Lam è riuscito a penetrare nell’antro in cui, per l’eternità, dragoni e angeli si combattono senza pietà, si accoppiano e si trasformano. Come i loro avi, egli carpisce alle loro origini gli spiriti che cercano la propria materia, li costringe a rivelargli il proprio segreto e non li libera in fasci di fiamme nere e grida di passione se non prima di averli sottomessi ai propri desideri. Il suo ambiente di provenienza, quello del meticcismo incrociato, si riconosce nelle sue tele, senza sapere che é stato assunto dall’artista in una catena di metamorfosi il cui termine, se esiste, gli resta invisibile. Non sono, in vero, le divinità nagos o bambaras ad animare gli esseri della sua immaginazione cosi come esse non dominano i cuori degli antillani: essi hanno conosciuto troppe incarnazioni e subito troppe costrizioni. Ma questi esseri, vere tigri-leoni, s’adoperano per esprimere questo fondo eterno dello spirito che, in tutte le lingue e con tutte le tonalità, parlano di volta in volta, di desiderio e di terrore. Questi stati che Lam trasfigura per apportare una soluzione ad un livello superiore a quello della nuova elevazione, per intrattenerli in un movimento ascensionale continuo, sono quelli che tutti gli uomini hanno conosciuto e conoscono. Solo le immagini che essi generano differiscono oggi da quelle di ieri, qui da quelle che sono là, non per il loro contenuto ma per il loro aspetto, cosi come un merlo, per esempio rivela il suo luogo di provenienza dalle piume. Ma Lam cogliendole aM’origine ha saputo donargli lo splendore del paradiso e dell’inferno, mostrando che gli uni sono negli altri, cosi come la sua opera strega e incanta allo stesso tempo. Non é men vero che richiamando tali esseri alla vita, Lam non intenda ricoprirli di nuovi orpelli, ma al contrario strappa a ciascuno di essi ciò che poteva falsare la propria vera natura. E’ la foresta tropicale, cosi ribelle e pregnante del silenzio minaccioso dei deserti, che ha visto erigersi questi visi resi furiosi dalle gocce d'acqua che battono il loro tam-tam sulle foglie sempre verdi. Questo ghigno non è in fondo che un fiore che riluce nella penombra come l’occhio di una bestia in agguato; e se per combinazione un raggio di sole filtra fra i tronchi abbattuti, ciò non può essere che per fissare l’immagine di un uccello scarlatto occupato a lambirsi le piume. Nulla di incomune. E tuttavia, nulla che si possa trovare altrove, poiché la tensione che regna qui é unica e permanente. E’ quella dell’indiano delle praterie intento sul sentiero di guerra e teso al minimo segno del suolo che calpesta. Tale è la tensione che Lam apporta nelle sue opere che sembrano risultare da una prodigiosa condensazione di forze liberate in squarci accecanti. Qui niente si abbandona. Nell’inframondo che egli esplora, l’avvenimento atteso di secondo in secondo, può rivelarsi sia favorevole che nefasto. Esso non perde per noi tutti i riflessi del meraviglioso che si moltiplicano da soli all'infinito. Nessuno si sorprenderà dunque di questa tensione a volte quasi ostile, poiché Lam vaga imprecisamente in queste foreste inghiottite, tanto più vergini quanto più si tenta di violarle, dove le fiere dei tempi passati continuano a ringhiare in ogni squarcio. Egli le ha fissate in cattività non per domarle, ma per mostrarcele allo stato selvaggio e in tutto il loro furore seducente di prigionia, perché ciascuno possa ritrovarle in se stesso. Benjamin Peret Rivista Medium Parigi 1955

Next